La Repubblica Novara, esperto di effetti speciali ricostruisce la scena dell’omicidio: l’imputato h

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Novara, esperto di effetti speciali ricostruisce la scena dell’omicidio: l’imputato ha mentito dal nostro inviato MARCO TRAVAGLIO
Immaginiamo Sherlock Holmes armato di computer e Cd-rom per gli effetti speciali. Probabile che farebbe come il procuratore di Novara Alberto Oggè e il suo sostituto Vittore Ferraro che ieri, al processo contro un giovane accusato di aver assassinato una donna al cimitero di Borgomanero, hanno trasformato l’aula della Corte d’Assise in uno studio cinematografico, noleggiando 5 monitor e proiettando il film virtuale del delitto. Il primo caso in Italia di “simulazione tridimensionale” di un omicidio. La scena del giallo vista con gli occhi del presunto assassino. L’imputato assiste allo spettacolo senza fiatare, come se fosse al cinema. Avvocati, giudici, giurati, parenti e curiosi non credono ai propri occhi. Pochi minuti di videotape e l’alibi è demolito, la difesa disarmata.La Repubblica  Novara, esperto di effetti speciali ricostruisce la scena dellomicidio: limputato h | press  | Video Industriali | Filmati Aziendali | Giuseppe Galliano Multimedia Studio | Mariangela Luigia Poletti, la vittima, aveva 57 anni. Il 29 dicembre ’97 era andata a pregare sulla tomba dei genitori, sepolti a Borgomanero. Alle 17.07 un altro visitatore del cimitero la trovò agonizzante nella sua “Y10″ posteggiata all’uscita: il cranio sfondato, il corpo rannicchiato tra i sedili posteriori e anteriori, il piede destro pizzicato nella portiera e un uomo che si allontanava di corsa. La donna giunse viva in ospedale, ma morì quella notte stessa. L’indomani una decina di habitué del cimitero raccontano ai carabinieri di uno strano tipo col giubbotto giallo che passava spesso di lì: il giorno prima se n’era andato intorno alle 17. È Marco Bottini, 30 anni, meccanico in un’officina. Vive solo con la madre, i pochi soldi che guadagna li spende al bar e ai videogiochi. In casa sua trovano giubbotto e pantaloni sporchi di sangue, il sangue della vittima. “Ma non l’ho uccisa io”, si difende lui: “uscendo dal cimitero ho visto la Y10 semiaperta e un piede che sporgeva. Mi sono avvicinato, ho scosso il corpo, mi sono sporcato di sangue, poi ho visto arrivare gente e, spaventato, sono fuggito”. Troppe incongruenze. Lo arrestano, ma il giallo rimane: l’ arma non si trova, il movente nemmeno. Ipotesi della Procura: Bottini ha colpito la donna con un attrezzo d’officina per stordirla e portarla via sull’auto, per poi rapinarla, violentarla e finirla con suo comodo. Lui nega tutto e, tra mille contraddizioni, tiene duro. Difficile condannarlo, a meno che non si dimostri che ha mentito. I pm chiedono aiuto alla scienza, cioè a Giuseppe Galliano, mago del multimediale, che ha già ricostruito la basilica di Assisi con tutti gli affreschi terremotati e simulato gli effetti di interventi chirurgici d’avanguardia nelle viscere del corpo umano, e al professor Fabio Dossi, oculista di fama mondiale. Devono rispondere a una domanda: poteva l’imputato, il 29 dicembre ’97 alle 17.03 vedere una scarpa a 10 metri di distanza? Galliano inserisce in un programma informatico sofisticatissimo, molto usato anche per gli effetti speciali nel cinema, tutti i dati del teatro del delitto, e una telecamera virtuale nell’occhio dell’ imputato. Dossi ha studiato la vista di Bottini e la luminosità di quel giorno a quell’ora: “L’ uomo”, conclude, “è strabico e astigmatico: al calar del tramonto la sua capacità visiva si riduce a 2 decimi, con un ulteriore annebbiamento dovuto ad atrofia del nervo ottico”. Anche questi difetti ottici entrano nel computer. Ieri giudici e avvocati hanno visto quel che l’imputato poteva vedere: nient’altro che una macchia scura e sfocata, in cui s’intravedono appena i contorni della Y10. Impossibile che abbia notato la scarpa. Dunque, per i consulenti del pm, ha mentito e, se ha mentito, è l’assassino. La difesa, ammutolita, rinuncia alle domande.